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AA.VV. – Esquire All-American Jazz Concert (1944)

22 Ott

Artista/Gruppo: AA.VV.
Titolo: Esquire All-American Jazz Concert
Anno: 1944
Etichetta: Epm

Il lancio di grandi stelle del calibro di Fats Waller, Paul Whitman, Bix Beiderbecke, e tanti altri. E poi – almeno secondo la vulgata ufficiale – la nascita della “swing era” con il concerto di Benny Goodman nel ’38. A cavallo della seconda guerra mondiale il jazz era la Carnagie Hall, ma a New York c’era anche la Metropolitan Opera House, che nel 1944, stufa di vivere all’ombra della Carnagie, riuscì ad ospitare uno dei più importanti e fondamentali concerti nella storia del jazz. L’Esquire All-American Jazz Concert, andato in scena la sera del 18 gennaio 1944, fu il frutto di una riuscitissima iniziativa discografica, promossa dai due magazines Metronome e Esquire, i quali, fin dal 1936 chiedevano ai loro lettori di eleggere i migliori musicisti jazz sulla piazza. Sotto la spinta delle due etichette leader, Columbia e RCA, si arrivò così al biennio ’42-’44, in cui al parere dei lettori, venne associato quello dei critici musicali di allora. Si ebbe così una griglia di 16 esperti di jazz che selezionarono i migliori musicisti jazz di allora per un happening del tutto unico nella storia del jazz. L’Esquire All-American Jazz Concert viene così registrata e prodotta prima in lp (dal 1944) e poi, dalla francese Epm registrata in cd nel 19994, in occasione dei 50 anni da quella serata storica.

Le polemiche non mancarono, perché alla presenza di mostri sacri come Louis Armstrong, Roy Eldridge, Barney Bigard, Coleman Hawkins, Art Tatum e Lionell Hampton, stona l’assenza di tantissimi altri geni del jazz di allora. Solo per fare un esempio, tra i sassofonisti mancheranno Johnny Dodges, Benny Carter, Lester Young (per lui votarono solo 2 critici…), tra i pianisti assente risulterà Earl Hines, e ancor più assordante fu la mancanza di ella Fitzgerald messa in fila dalla vincitrice Billie Holiday e dalla seconda classificata, Mildred Bailey. Insomma, il bello e il brutto del “talent”, così come lo interpretiamo noi oggi: per alcuni non sarà mai la scelta migliore in assoluto, ma in linea di massima l’Esquire All può ben rappresentare la crema del jazz di allora. Chiudendo sul personale, questo doppio disco mi ricorda un piacevole evento che mi accadde nel fu compianto “Disfunzioni Musicali” di San Lorenzo a Roma. Lo cercavo soprattutto per un motivo: volevo un disco in cui spiccasse la presenza del trombonista Jack Teagarden, uno dei migliori capostipiti del suo strumento ma purtroppo sempre messo all’ombra dei grandi band leader del tempo. Nemmeno il più rinomato negozio di dischi della capitale mi riuscì ad accontentare e trovai questo disco soltanto su e-bay. Curiosamente, misi tutti in difficoltà quando parlai di Teagarden: «Tea chi?», mi disse uno dei venditori, e un suo collega: «Se non lo conosce lui, non esiste». La presi sul personale, perché non ero un esperto come loro (e forse neanche oggi lo sono), ma mi ero documentato. Risultato: li feci andare su internet e lì presero coscienza del loro abbaglio. Forse quel giorno rappresenta lo spartiacque del mio gusto musicale, e compresi che il jazz era un universo con sempre qualche angolo buio e pronto a portarti fuori strada quando pensi di conoscerlo in ogni suo angolo. Di seguito la recensione traccia per traccia…

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