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George Lewis – Shadowgraph, 5 (Sextet) (1977)

29 Dic

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Pensavate non potesse esistere, eh? Voi (noi) poveri mortali della musica da intrattenimento, melodica al punto giusto, da canticchiare allegramente sotto la doccia. Pensavamo non umanamente accettabile pubblicare (e provare a fare i soldi) registrazioni di nostro figlio intento nell’eseguire strampalati esercizi di flauto da presentare il giorno dopo alla maestra delle medie. Forse un giorno questo bambino sarà il nuovo Ian Anderson, si augurano tutti i padri. Ma fino ad allora, quegli esercizi restano musica primordiale, sintetica, due, tre, quattro note infilate per fortuna. Lo sfiato del do che emette solo schizzi di sputo e va a vuoto. Ma quella è musica, vera musica ermetica. Le maestre non lo capivano, Santa Maria…. Io che credevo di essere bravo con l’aulos, mi diedero un vecchio xilofono: «Suona questo, in fondo alla classe, lascia stare con il flauto… non fa per te… fai finta di suonare…». Santamaria.

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Frank Marino & Mahogany Rush – World Anthem (1977)

16 Ago

Proprio pochi giorni fa, ricordavamo con Fables una nostra vecchia idea, quella di cambiare l’inno nazionale italiano con un pezzo rock tipo Hells Bells degli AC/DC. Ovviamente è una provocazione, senza nulla togliere all’inno di Mameli che è comunque bellissimo. Forse tra qualche decennio, se non fra qualche secolo, il rock entrerà anche nell’Olimpo della musica alta, forse riuscirà anche a scalzare la musica classica e ritagliarsi un angolino tutto suo nella categoria degli inni nazionali. Nel frattempo (e vengo al disco consigliato oggi), Frank Marino si è avvantaggiato il lavoro, creando, non un solo inno, ma un album intero intitolato World Anthem: “Inno Mondiale”.

Titolo che deriva dall’omonima traccia di questo album datato 1977, il quinto della formazione Mahogany Rush. Non è il solo brano ad assorbire linee melodiche originali e allo stesso tempo molto orecchiabili. Su cui Marino ci costruisce studi, elabora sviluppi in successione, manipolando con tecnica sopraffina accordi e note in tapping, e laddove possibile sporcando i suoni con tutta una serie di distorsioni giocate sull’alternanza degli altoparlanti. Ne esce fuori un disco in cui sono molteplici le influenze, dall’immancabile Hendrix ad Alvin Lee, ma io ci ho trovato anche Iron Maiden, Malmsteen, Satriani.

Un album divertente, che dà la carica, una pillola di energia, in cui a farla da padrone sono i suoni e gli effetti. Consigliato a chi ha voglia di conoscere modi nuovi di interpretare il rock, senza cadere nella banalità. Perché sebbene potrebbe sembrarlo, World Anthem non è un disco banale.