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Bozzio Levin Stevens – Black Light Syndrome (1997)

17 Gen

Bozzio Levin Stevens - Black Light Syndrome  La fine degli anni ’90 (1997 per la precisione)  da l’occasione a tre personaggi già affermati di formare un supertrio e di sfornare uno degli album (che deve comunque fare i conti con tutta la produzione “Lonely Bears” dai quali ha preso in prestito mezza sessione ritmica) più apprezzabili in materia prog-fusion di tutto il decennio.

 Bozzio e Levin formano la sezione ritmica, rispettivamente batteria e basso (ma sarebbe meglio dire slick guitar), che, come ci hanno abituati, si esprimono con grande tecnica e pulizia di esecuzione (sicuramente aiutata da un ottimo lavoro in studio che fa suonare l’album in modo impeccabile); la sorpresa è Steve Stevens, già impegnato in lavori con Billy Idol e Michael Jackson, che, come niente fosse, regge tutto il disco con le sue linee melodiche destreggiandosi bene tra chitarra elettrica e spagnola splendendo sempre di luce propria e azzeccando sempre i suoni.

 La nota dolente viene dalla poca originalità del lavoro che suona come un “saggio/riassunto” che ci ricorda tutti i più grandi di tutto il panorama musicale dei trent’ anni precedenti (ma chissenefrega) di quello che la storia ci aveva già consegnato (a discolpa il disco è stato registrato in quattro giorni, ben pochi per “creare”).

 Consigliato a tutti quelli che vogliono far “suonare” il proprio impianto hi-fi ma anche a tutti quelli che non vogliono sbagliare quando non sanno che disco mettere.

Buon ascolto.

Banco del Mutuo Soccorso – Banco del Mutuo Soccorso (1972)

31 Ott

B.M.S., il primo lavoro  (omonimo) della band progressive italiana conosciuto come “il salvadanaio” (basta guardare la copertina per capire perchè), esce nel 1972.

All’epoca la formazione era composta da  Gianni Nocenzi (clarinetto, piano, tastiere, piccolo, vocals),  Pier Luigi Calderoni (batteria), Renato D’Angelo (basso, chitarra, basso elettrico), Francesco DiGiacomo (voce solista), Vittorio Nocenzi (organ, clarinetto, tastiere, vocals), Marcello Todaro (chitarra, vocals, chitarrone).

L’album (in pieno stile progressive) è composto da soli 6 brani di cui uno, Il giardino del mago, è una lunga suite di circa 18 minuti, e rappresentano in toto l’ interpretazione progressive della scena italiana di allora, alternandosi tra lunghi momenti melodici e riff frenetici tutti incorniciati in un mix stereofonico (con il largo uso del reverbero) di grande trasporto, anche se  è per lo più un insieme di brani, tutti degni di nota, ma che si alternano con poca continuità se si esclude il persistente mondo “fantastico” nel quale sono immersi.

Per chi vuole abbandonarsi in “un viaggio alato ove gorgoglia il tempo”.
Sconsigliato a tutti quelli che dei piedi per terra fanno il loro credo.

Buon ascolto.

Frank Sent Us – “The Simpsons”

14 Ott

I Frank Sent Us (Frank Sandrello ClichèVideoSystem Error / Strato Mastro e Frenetik Beat) sono un trio di musica elettronica, piuttosto originali nei lavori proposti, emersi dalla scena dell’underground romano, che in poco più di 3 anni (era il 2008 l’anno del loro primo set) si sono imposti nella scena con prepotenza incontrando innumerevoli giudizi positivi che li hanno portati a “suonare” con una certa frequenza in tutta Italia nonché all’estero.

I loro sono mix audiovisivi che in live riescono a riprodurre grazie alle Launchpad collegate ai classici piatti o ai più innovativi pc con software all’avanguardia (il mio sospetto è che si tratti di Abetlon live).

Il fatto  che non abbiano pubblicato nessun album (anche se si vocifera di una prossima uscita cd/dvd) non li ha per niente rallentati anche grazie al mezzo di diffusione più consultato al mondo (youtube, e chi altri se no??) dal quale traggo il frammento video proposto, uno a caso basta e avanza per capire di cosa stia parlando.

 

The Yardbirds – Birdland (2003)

14 Lug

E’ il 2003, dopo 35 anni ecco di nuovo gli Yardbirds, della formazione originale rimangono, però, solo  Jim McCarty (batteria) e Chris Deja (chitarra ritmica), si aggiungono Gypsie Mayo, John Idan ed Alan Glen rispettivamente chitarra, basso e armonica. L’album è composto da 12 tracce, di cui solo 7 sono inedite, e l’alternanza tra vecchi brani e quelli nuovi è ben azzeccata.

La presenza di chitarristi del calibro di Bryan May (Mr You’re a Better Man Than I), Steve Vai (Shape of Things),Joe Satriani (Train Kept a Rolling), Slash (Over Under Sideways Down), Steve Lukather (Happenings Ten Years Time Ago) e Jeff “Skunk” Baxter (The Nazz Are Blu) impreziosiscono il lavoro anche se i brani poposti non si distanziano molto dagli originali. L’ unico ospite (che poi tanto ospite non è n.d.r.) a suonare un brano inedito (My Blind Life) è Jeff Beck, vecchia conoscenza del gruppo.

L’album si districa in un ottimo blues rock che non sembra risentire dei nuovi tempi, vivace ed energico, che coinvolge anche se gli Yardbirds li abbiamo ascoltati in tutte le salse; più una raccolta che un vero e proprio album, per fan-anatici del gruppo ma anche per chi vuole scuotere la testa sulle note della band che con il “rave up” ha squarciato le porte all’ hard rock.

Sungha Jung – Come Together (2008)

16 Mag

Sungha Jung è un giovane chitarrista che si fa scoprire nel 2006 all’età di soli 9 anni. La sua è un’abilità incredibile, quella di arrangiare pezzi molto famosi della storia della musica moderna, che lo porterà nel 2010 alla pubblicazione del suo primo album, Perfect Blu, di sole cover. Di seguito potete ascoltarlo nella sua personale interpretazione nel 2008 di Come Together dei Beatles.

Modern Jazz Quartet – Django

10 Mag

Il Modern Jazz Quartet è un gruppo jazz fondato nel ’52 particolarmente anticonformista al punto da essere molto criticato riguardo alcune scelte artistiche e stilistiche.

Il brano che vi propongo è Django, tratto dall’album omonimo del 1954, brano che ha suscitato l’interesse di diversi artisti di un certo calibro, oltre che il mio. Personalmente ho apprezzato molto l’armonia morbida e la dolcezza, anche se un po malinconica, della melodia.

Di seguito vi presento alcune delle versioni che ho trovato sul web.

Da quella originale del Modern Jazz Quartet…

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King Crimson – Starless and Bible Black (1974)

22 Apr

Nel 1974 la nuova formazione Crimson, (Bill Bruford /drums – David Cross/violin, viola, keybords – Robert Fripp/guitars – John Wetton/bass, vocals) affronta la pubblicazione del suo sesto album: è il caso di Starless and Bible Black, composto da ben 5 tracce (Lament, Fracture, The Night Watch, Starless and Bible Black e Trio) interamente tratte da registrazioni di esibizioni live (naturalmente “ripulite”), le altre 3 (The Great DeceiverWill Let you Know e The Mincer) sono principalmente “creature” improvvisate in concerto con qualche rivisitazione in studio.

Le composizioni esprimono al meglio l’affiatamento tra gli strumentisti che non perdono colpi nota dopo nota facendo credere che sia tutto scritto a tavolino, non perdendo mai il tema principale e creando atmosfere che non possono non farci invidiare chi ha avuto la fortuna di aver visto quella formazione dal vivo: quello che ascoltiamo è qualcosa che va “oltre” la definizione classica di progressive. Per gli amanti del genere ma anche per chi ama osar muovere passi in terre sconosciute.

The Orb featuring David Gilmour – Metallic Spheres (2010)

19 Apr

Nel 2010 gli ORB, duo inglese che schiera in formazione Alex Paterson e Youthe e che ormai da 15 anni è protagonista sulla scena Ambient/Chill Out, prendono in prestito una delle chitarre più famose della storia della musica; è così che David Gilmour si ritrova a far “cantare” il suo strumento in un turbine di suoni elettronici e drum machine tornando alla sperimentazione come nella migliore tradizione Pink Floyd stile A Saucerful of Secrets.

Viene così dato alla luce Metallic Spheres, album diviso in due tracce che ricordano due lunghe suite. L’album, in realtà, non è che una stella nell’immenso firmamento dell’ elettronica, che incuriosisce di più per la presenza del chitarrista che per le idee proposte, non delude ma nemmeno entusiasma; ideale però per chi ha voglia di “chill out”.

Lucio Battisti – Anima Latina (1974)

30 Set

Lucio Battisti (cantante, autore, chitarra, piano), nel 1974, da una svolta   alla   produzione musicale alla quale ci aveva abituati e si cimenta con un disco dalle influenze latine (che in alcuni brani ricordano sfumature del primo Santana, in altri il Brasile) e velatamente progressive (soprattutto nell’ abbandono della formula strofa-ritornello). Ad accompagnarlo in questa “avventura” il solito Mogol (testi), ed una più che valida schiera di musicisti: Claudio Maioli (tastiere, piano), Gneo Pompeo (tastiere, piano), Massimo Luca (chitarre), Bob Caballero (Bob J. Wayne) (basso), Gianni Dall’ Aglio (batteria), Franco Lo Previte (Dodo Nileb) (batteria, percussioni), Tony Esposito (percussioni), Karl Potter (percussioni), Claudio Maioli (percussioni), Pippo Colucci (tromba), Gigi Mucciolo (tromba), Gianni Bogliano (trombone), Claudio Pascoli (flauto, ance) Mario Lavezzi (voci), Alberto Radius (voci), Mara Cubeddu (voce in Due mondi).

Per chi pensa che Battisti sia più della “Canzone del Sole”.

Stomu Yamashta – Go (1975)

20 Lug

Il batterista giapponese Stomu Yamashta chiamando Al DiMeola alle chitarre, Klaus Skulze alle tastiere, Steve Winwood all’ organo e Michael Shrieve alle percussioni crea un supergruppo chiamato “GO”.

Ne esce fuori l’album omonimo, dalle grosse potenzialità ma forse troppo pretenzioso, dove si manifesta (inevitabilmente) l’abilità dei singoli musicisti ma non il collettivo: sembra sempre manchi qualcosa.