Metallica – Metallica (1991)

29 Mar

Artista/Gruppo: Metallica
Titolo: Metallica
Anno: 1991

Immagine

Conosciuto ai più come Black Album, la quinta fatica dei Metallica porta lo stesso nome del gruppo, Metallica, cioè quello che in discografia si dice disco omonimo. Nero, come il metal che ha contraddistinto la band californiana, riferito ovviamente alla tendenza del gruppo di Ulrich e Hetfield (coproduttori del disco assieme a Bob Rock) di affrontare sempre temi struggenti, ansiolitici, esistenziali, di assoluta chiusura verso il mondo esterno.

Assieme a un serpente visibile solo in controluce, nell’inside della copertina troviamo quattro volti in serigrafia dei componenti del gruppo: Lars Ulrich, James Hetfield, Kirk Hammet e Jason Newsted, rispettivamente batteria, voce, chitarra e basso. Nero e oro, gli stessi colori che contraddistinguono una delle ultime Les Paul di Hammet, che in questo disco, forse, più che in altri, mostra la sua vocazione a spaziare oltre gli spartiti metal, scandagliando universi rock fino ad allora mai toccati dai Metallica.

Questo è l’album che consacra la band e la fa conoscere al grande pubblico grazie al classico Nothing else matters, orchestrata dal direttore Michael Kamen, lo stesso che nel 1999 dirigerà l’Orchestra Sinfonica di San Francisco per il doppio album Metallica & Sinphony, esperimento semi-azzeccato di fondere metal e classica assieme. Brano che comunque resterà un grande equivoco, come sentenzieranno i fan dei Four horsemen dei primordi, perché seppur di struggente bellezza nella sua semplicità, racchiude in se una certa lontananza dal puro stile Metallica tanto amato dai chiodi.

Quello che però troveremo qualche anno dopo, una volta superata l’onda metal, quando la band di Los Angeles approderà verso lidi più rock country, cimentandosi in generi mai fino ad allora sfiorati, con gli album Load e Reload. Tracce di rock puro, scarnificato dalle stridenti schitarrate passate, (ma qualche eccezione persiste e meno male…) si iniziano comunque a percepire già in Enter Sandman, brano di apertura del disco, in Sad but true, che i Metallica non avrebbero più tolto dalla loro scaletta live, e soprattutto in The Unforgiven, ballata rock che assieme a Nothing Else Matters si ergerà a tormentone delle hits di classifica nei primi anni novanta tanto da richiederne un seguito con The Unforgiven II.

Metallica segna una transizione, una rinascita a nuova vita, e forse non è un caso che porti proprio il nome della band. Inizialmente difficile da digerire per i veri amanti del genere, i Metallica sacrificano i loro nome pur di non perdere la loro fiducia, ma la storia dirà il contrario e questo sarà l’ultimo loro grande capolavoro. Per la prima volta Hammett metterà da parte l’abuso di tapping che in quegli anni ormai si andava ritagliando una sua nuova e più lucida sistemazione. Van Halen è ormai lontano anni luce. Hetfield mette a frutto il massimo degli insegnamenti che la sua decennale esperienza vocalizia gli ha passato, creando un mix timbrico fatto di grigniti, ma cantato molto più di diaframma che non di testa.

Il risultato lo si tocca con mano, soprattutto nella prima parte del disco, in due tracce a mio avviso tra le migliori dell’album, Wherever I may roam e Don’t tread on me. Abbiamo parlato della melodia, del suono, ma sarebbe ingiusto ignorare il fondamentale apporto di Lars Ulrich, uno dei migliori batteristi nella storia del rock moderno, o alternative, come va di moda chiamarlo ora. C’è da dire che se in Black Album, l’anima dei Metallica si fa più pacata, calda, matura, Lars resta il “cagnaccio” slegato di sempre, maltrattando la batteria con una cattiveria e una violenza che, seppur curando maggiormente le variazioni, soltanto in One e Master of Puppets aveva raggiunto, sucitando l’invidia di tanti suoi colleghi (vedi Portnoy dei Dream Theater).

Sarà dovuto anche alla maggior attenzione per la pulizia del suono in sede di registrazione (avvenuta agli studi One On One Recording di Los Angeles, nell’ottobre ’90), perché intanto sono passati esattamente dieci anni dal loro disco d’esordio, dove i suoni erano meno puliti e nitidi. Il secondo lato del disco si fa più anonimo rispetto al primo. Sebbene di accurata fattura, Through the never, Of wolf and man, The god that failed e Struggle within non mi paiono all’altezza delle prime sei tracce. Tralasciando Nothing else matters, l’unico brano che mi sento di elevare al livello del resto dell’album è My friend of misery. E lo dico con piacere, in quanto è l’unica traccia in cui alla sua composizione ha partecipato Jason Newsted, altrimenti ingiustamente relegato a gregario di lusso.
Valutazione. Restando entro il genere metal, apprezzabile lo sforzo della band di mettersi in gioco sperimentando nuove sonorità (Voto relativo: 8), certo, non appare il più grande capolavoro che i Metallica avrebbero potuto fare, anche perché quello lo avevano già partorito da anni (Voto assoluto: 7,3).

Line up:
James Hetfield (voce e chitarra)
Lars Ulrich (batteria)
Kirk Hammett (chitarra solistica)
Jason Newsted (basso)

Track list:

1.Enter Sandman
2.Sad But True
3.Holier than thou
4.The Unforgiven
5.Wherever I May Roam
6.Don’t Tread On me
7.Through The Never
8.Nothing Else Matters
9.Of Wolf and Man
10.The God That Failed
11.My friend of misery
12.The struggle within

Sidistef

Una Risposta to “Metallica – Metallica (1991)”

Trackbacks/Pingbacks

  1. Metallica – Dutch Dynamos (1999) « The Book Of Saturday - ottobre 16, 2010

    […] facevano finta di non vedere. La formazione è la stessa di album come …And Justice for All e Black Album, con il terzetto base composto dai soliti Hetfield alla voce, Ulrich alla batteria e Hammett alla […]

Lascia un commento